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L'isola del diavolo - Anteprima


Storie d'Avventura

L'ISOLA DEL DIAVOLO
di Giorgio Pezzin



Personaggi e luoghi

Jean Baptiste Moriel 
Giovane gentiluomo seguace dell’illuminismo, di Voltaire, Newton e Diderot. Razionalista e studioso di ogni sorta di scienza e fenomeno, naturale o sovrannaturale.

Gideon Lafouche 
il suo assistente, un po’ goffo, ma molto volonteroso e spesso arguto.

Laurent Lamort
Capo di una grossa banda di pirati, insediata alla Tortuga.

Lucine 
La donna di Laurent Lamort, innamorata di lui e desiderosa di una vita normale.

Helena 
La figlia di Lucine e di Laurent, una ragazza bellissima e benvoluta da tutti.

La Tortue o Tortuga 
L’isola dove si trova il covo più importante dei pirati dei Caraibi, a nord di Hispaniola, nel mar dei Caraibi.

Padre Francisco 
Prigioniero dei pirati da molto tempo, li assiste spiritualmente come può ed é diventato il padre spirituale di Lucine

L’isola del Diavolo 
Da qualche parte nel Golfo dei Carabi, la si dice piena di tesori ma chiunque sia sbarcato non é più tornato.

Cronologia
La vicenda si colloca circa nel 1750. Dopo il trattato di Utrecht (1727) le potenze europee si accordano per far cessare la pirateria sponsorizzata dagli stati. E’ possibile che quella non ufficiale sia continuata ancora per qualche decennio per poi esaurirsi. La pirateria si instaura in Giamaica (di cui Henry Morgan diventa pure governatore) e raggiunge il suo massimo splendore nel 1655. In quel periodo Newton (1642-1727) ha già diffuso i suoi studi; Voltaire pure. Nel 1682 Halley ha scoperto la cometa con il suo nome.

Nel mar dei Carabi, al largo della Guyana esiste veramente una Isola del Diavolo, ma quasi certamente non é quella di cui si parla in questa vicenda.




Capitolo 1°
L'abbordaggio della “Terrible”

Jean Baptiste Moriel era in piedi sul castello di prua, un piede appoggiato alla base del parapetto e una mano appesa ad una sartia, attento ad assecondare il beccheggio della nave che avanzava velocemente sotto la spinta di un vento fresco e costante. 
Si trovava in mezzo all'Atlantico e la Siréne, il mercantile armato su cui Moriel e il suo assistente si erano imbarcati due settimane prima, aveva agganciato gli alisei a sud ovest delle Canarie e da allora aveva sempre viaggiato alla notevole andatura cui era capace, sollevando due ampi baffi spumeggianti a prua. 

Proprio sulla cresta di quell'onda creata dal bastimento, due grossi delfini guizzavano facendosi trasportare a tutta velocità, quasi giocando con la nave che per un momento sembrava sopravanzarli e, un momento dopo, doveva arrendersi alle loro incredibili velocità e maestria. Dosando abilmente le spinte delle loro schiene poderose, infatti, quelle due meravigliose macchine marine sfruttavano con grande efficienza la spinta della nave, navigando alla stessa velocità senza consumare quasi alcuna energia. 

Moriel, da studioso di ogni sorta di scienza, osservava ammirato i delfini e si era subito concentrato sullo stile inusuale del loro nuoto, fatto di potenti colpi verticali della loro coda, una perfetta pala orizzontale per spingere, ma capace di torcersi di lato per virare e guizzare a prodigiosa velocità. Quanto goffi e inefficaci erano gli umani, e lui stesso, che comunque si era scoperto molto più abile della maggior parte dei marinai che manovravano quella stessa nave.

Mentalmente, Moriel aveva cominciato ad osservare il moto dei delfini con occhio scientifico immaginando, sotto la pelle traslucida di quei cetacei, il meccanismo che avrebbe potuto sostituirsi a quei muscoli e generare lo stesso movimento, magari alimentato da una delle macchine a vapore del geniale Newcomen, che già funzionavano in America, o quelle più leggere e ancora più promettenti del giovane James Watt, con cui Moriel aveva da tempo iniziato una proficua corrispondenza. 

Le idee si accavallavano e Moriel sentì il bisogno di un foglio di carta e di una penna per mettere al sicuro le immagini e gli schemi che si facevano sempre più complicati nella sua mente. Proprio in quel momento il grido di un gabbiere lo fece trasalire e lui si scosse, rabbrividendo per uno spruzzo che lo colpì sul volto. La nave stava leggermente virando e il rollio era cambiato facendosi molto più fastidioso e imprevedibile.

Moriel si voltò e percorse tutto il ponte per tornare verso la sua cabina, senza distrarsi perché non voleva dimenticare i suoi pensieri. Entrò nella cabina proprio mentre la nave ondeggiava all'indietro cosicché fu catapultato dentro di slancio, generando un sussulto di paura nel buon Gideon Lafouche che, seduto all'unico tavolo al centro, stava lavorando su un grande disegno pieno di cifre e annotazioni. Temendo che Moriel gli rovinasse addosso, Lafouche si affrettò ad afferrare il grosso calamaio, togliendolo di mezzo prima che si rovesciasse e imbrattasse il suo lavoro di settimane. Poi, mentre Moriel richiudeva la porta più tranquillamente, dopo aver riacquistato il suo equilibrio, rimise a posto il calamaio, osservando il suo padrone da sopra gli occhiali a stringinaso che gli ornavano il volto raggrinzito e grigiastro.

«Avete visto un mostro marino, per caso?»

«Certo che no. Lo sapete che non credo ai mostri. Ho soltanto visto un'altra meraviglia della natura di cui vorrei tanto carpire i segreti. Datemi carta e penna, presto!»

Moriel prese il foglio bianco e la penna che Lafouche gli aveva allungato, mettendosi alacremente a scrivere appunti, seduto ad un angolo del tavolo, mentre il vecchio assistente sbirciava allungando il collo.

«Pesci? Ma non siamo qui per i pesci.» Commentò perplesso.

«Il delfino non é un pesce – rispose Moriel, senza smettere di scrivere e con il tono paziente di un maestro di scuola verso un allievo troppo svogliato – ma un mammifero, più esattamente un cetaceo del genere Delphinidae. In ogni caso un animale prodigioso. Ce ne sono due qui fuori che saprebbero precederci ai Caraibi dove siamo diretti senza il minimo sforzo.»

«Non mi piace il pesce. Mi fa mal di stomaco, soprattutto quello secco e puzzolente che continuano a propinarci a bordo di questa nave. E temo che dovremo sopportarlo per un altro bel pezzo, purtroppo - poi, gettando un'altra occhiata ai vari disegni e schemi con cui Moriel aveva riempito il foglio - in ogni caso i pesci non c'entrano un bel niente con il Male, né con le comete, io credo.»

«Credete bene, mio buon Gideon. I delfini sono solo un interessante diversivo che ha colpito la mia attenzione mentre verificavo la nostra posizione. In effetti niente dovrebbe distrarci dalla nostra missione principale e dalla ricerca della verità, e niente lo farà».

E così dicendo, Moriel piegò il foglio di appunti appena terminato, infilandolo rapido in una grossa cartella di cuoio che era posata a terra, a lato del tavolo. Poi, tornando a rivolgersi al suo assistente:

«A che punto siete con la mappa – chiese, indicando il grande disegno cui stava lavorando Lafouche – avete concluso qualcosa?»

Lafouche scosse il capo, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi la sommità del naso con due dita, strizzando gli occhi stanchi.

«Le mappe e le altre fonti di cui disponiamo sono troppo imprecise – rispose con tono un po' lamentoso – alcuni sono solo degli schizzi molto sommari, tuttavia nell'area si possono individuare delle strutture circolari. Ovviamente molte parti sono sommerse, altre sono state erose dal tempo o coperte dalla vegetazione, ma credo che la vostra idea non sia del tutto sbagliata.»

«Sbagliata? Lo vedremo se é sbagliata! Sono certo che sia giustissima, invece, e quando torneremo in patria e presenteremo le nostre conclusioni alla comunità della scienza, il mondo farà un balzo in avanti senza precedenti, amico mio, potete starne certo.»

«Vorrei avere il vostro entusiasmo, signore – ribatté Lafouche, con lo stesso tono rassegnato e grattandosi con vigore sotto l'ascella, dove la stoffa non lavata gli stava procurando da qualche giorno sensazioni piuttosto sgradevoli – ma forse é perché sono vecchio e logoro e i balzi in avanti o indietro, ormai, non fanno più per me. Tuttavia riconosco che liberarci dal Male sarebbe una gran cosa. Magari potrebbe venirne qualche comodità in più per la mia vecchiaia, che sta avvicinandosi a gran velocità, o un po' più di considerazione. Ma mi basterebbe anche solo un po' di compassione, acqua fresca e legna per il fuoco.»

«Non solo considerazione, ma anche giustizia, equità e maggiore libertà per tutti, caro Lafouche.»

Moriel si era alzato in piedi, ora, e si era messo a declamare a gran voce camminando avanti e indietro per l'angusta cabina, con lo sguardo ardente rivolto ad ammirare le sue idee e le sue aspirazioni che, come quelle di tutti i giovani scienziati del suo tempo, erano grandiose e rivoluzionarie. Con rassegnazione, il buon Lafouche si accinse ad ascoltare per l'ennesima volta la teoria che aveva spinto l'azione instancabile di Moriel negli ultimi due anni.

«Il Male ha avuto anche troppo tempo per avvolgere il mondo nei suoi miasmi crudeli. Tutti noi ne abbiamo respirato l'alito fetido e abbiamo patito della sua presenza; noi, ma soprattutto coloro che abitano il Nuovo Mondo e si sono affacciati per la prima volta alla civiltà e al progresso. Perché é indubbio che il Male ha avuto proprio in quei luoghi una particolare virulenza. Tutte le testimonianze dei conquistadores parlano di popoli soggetti a pratiche particolarmente sanguinarie: sacrifici umani di massa, schiavitù, guerre senza fine. E poi l'arrivo stesso dei conquistadores si é trasformato in una carneficina, più che un'occasione di progresso e di civilizzazione. Quindi la vergognosa tratta degli schiavi che é nata e si é sviluppata proprio per favorire la coltivazione della canna da zucchero nelle isole caraibiche, e infine, per buon ultimo, il terribile flagello della pirateria, con tutto il seguito di lutti e rovine che essa sta portando all'economia e alle popolazioni di quella parte del mondo.»

«Veramente, io non ci vedo nulla di diverso da quello che é accaduto in Europa negli ultimi secoli, anzi millenni – obiettò tranquillamente Lafouche, che non aveva alcun timore di confutare i ragionamenti del suo padrone – credo sia una caratteristica dell'uomo quella di sentirsi in dovere di sterminare i suoi simili. Certo abbiamo visto anche noi le comete, ma...»

«Ma qui é successo qualcosa di peggio! – lo interruppe Moriel, sempre più preso dal suo ragionamento - Qui una cometa non solo ha esercitato il suo influsso malefico, com'é indubbiamente accaduto varie volte in Europa, ma é addirittura precipitata sulla terra secoli orsono , piantandovi permanentemente il seme del Male. Se noi proveremo questo e, anzi, se noi riusciremo ad individuare quel seme e ad estirparlo, porteremo un grande beneficio alla popolazioni di quella parte del mondo e, indirettamente, a tutti noi.»

Lafouche stava per obiettare di nuovo, ma fu interrotto da un grido che risuonò all'esterno. Immediatamente si udì un gran tramestio di passi e altre grida si succedettero ad indicare una grande agitazione tra l'equipaggio. Moriel e Lafouche si scambiarono un'occhiata interrogativa. Poi, prima che potessero dire qualcosa, risuonò un boato lontano e un rumore come di tela strappata lacerò l'aria, per finire con un tonfo e uno scrosciare d'acqua che investì l'unica finestra della loro cabina. Moriel e Lafouche si alzarono e si diressero all'esterno come un sol uomo. Arrivati sul ponte incrociarono diversi marinai che correvano in tutte le direzioni e due di essi che portavano delle palle di cannone. Poi, affacciandosi alla murata videro il motivo di quell'allarme: ad alcune centinaia di metri di distanza, dietro e a sinistra della loro nave, un'altro veliero li inseguiva, sbandato per l'azione del vento. Sull'albero maestro era dispiegata una grande bandiera nera.

Pirati! Moriel e il suo assistente rimasero impietriti a fissare la grande nave, molto più grande e armata di quella su cui si trovavano. Non c'era dubbio su chi potesse essere il vincitore della gara e dello scontro. Il capitano della Siréne lo aveva già capito e infatti, nonostante i tre piccoli cannoni della fiancata di sinistra  fossero già stati caricati e messi in posizione, nessuno pensò di fare fuoco e anzi, ad un cenno del capitano, i marinai ai pezzi spensero le micce immergendole in un barilotto d'acqua disposto sul ponte. Poi il capitano ordinò al timoniere di poggiare e di mettere al bando le vele, rallentando vistosamente. In pochi minuti la nave pirata accostò a sinistra, rallentando anch'essa e infine affiancandosi al mercantile, mentre alcuni pirati lanciavano dei grappini per collegare le due navi che ora procedevano di conserva, grazie all'abbrivio.

Gli altri pirati erano affacciati alle murate o aggrappati alle sartie, gesticolando e agitando pistole e spadoni e lanciando oscene grida di scherno. I marinai della Siréne, invece, erano impietriti e silenziosi e molti si facevano il segno della croce, presagendo una morte terribile e imminente. Solo il comandante ostentava una certa calma e sicurezza, e lo stesso si poteva dire di Baptiste Moriel, che osservava anche questa inattesa rappresentazione umana con l'interesse e il distacco dello studioso. Il povero Lafouche, invece, bianco come un cencio, era arretrato fino a posarsi con le spalle alla parete della paratia del castello di poppa, e lì era rimasto, smarrito e paralizzato dal terrore. La fiancata della nave pirata sovrastava di circa due metri quella della Siréne e quindi fu agevole per un gruppo di pirati calarsi da uno scafo all'altro usando delle funi agganciate ad un pennone. Uno dei pirati era vestito in modo più vistoso degli altri e a lui si rivolse il capitano della Siréne, offrendogli la spada con un inchino di sottomissione.

«Vi cedo la nave e chiedo misericordia per la mia vita e quella dei miei marinai – esclamò il capitano – abbiamo un carico di verghe di ferro, lana di scozia e tela di cotone destinati al nuovo mondo. Siamo mercanti e non vogliamo combattere. Spero che giungeremo ad un accordo conveniente per tutti.»

«Sono Laurent Lamort, capo pirata e comandante della Terrible – rispose il capo dei pirati con un sorriso cui non mancava una certa simpatia – accetto la nave e il carico in nome dei Fratelli della Costa. Siete stato saggio a riconoscere subito la vostra inferiorità e questo vi risparmierà la vita, visto che, rinunciando ad una inutile lotta, avete risparmiato quella di qualcuno dei miei uomini. Tuttavia sappiate che non accetterò alcun rifiuto o ribellione.... e dovrete consegnare tutte le armi.»

Il comandante della Siréne annuì chinando nuovamente il capo e, poi, voltandosi ad osservare i suoi marinai, estrasse dalla cintura che aveva in vita una grossa pistola, posandola su un barile davanti ad uno dei pirati. Immediatamente tutto il resto dell'equipaggio fece lo stesso e un grosso mucchio di spade, moschetti, pistole e vari strumenti di offesa si formò rapidamente sul ponte, controllato da due pirati armati di grosse pistole. Sbrigata la pratica più immediata della conquista, e inviati due dei suoi uomini nella stiva a controllare il carico della nave appena catturato, il capo dei pirati si volse verso Moriel, che aveva adocchiato già un pezzo.
Moriel, infatti, non faceva nulla per nascondersi e anzi aveva assistito a tutta la scena con vivo interesse, allungando il collo per sentire ogni parola, distinguendosi per l'alta statura e l'aspetto signorile dal resto dell'equipaggio. Il capo pirata si avvicinò con pochi passi al giovane scienziato, rivolgendogli un radioso sorriso. Poi chinò il capo e sventolò una mano in un accenno di saluto, invitando Moriel a presentarsi. Inchinandosi a sua volta, rigidamente, Moriel rispose all'invito:

«Jean Baptiste Moriel, medico e scienziato, membro dell'Academie Francaise e ora in viaggio verso i Caraibi per una importante ricerca sulle radici del Male » dichiarò con una certa pomposità.

«Le radici del male?!» Il capo pirata squadrò Moriel con un sorriso di stupore.

«Le radici del male!» ripeté Laurent Lamort voltandosi verso i suoi pirati, dai quali arrivò una sonora risata di derisione.

«Siamo noi le radici del male!» Sogghignò Lamort tornando a voltarsi verso Moriel con evidente sarcasmo.

Ma Moriel non si lasciò intimorire e, irrigidendosi in tutta la sua altezza, ribatté senza il minimo cenno di timore.

«Non sono d'accordo. – disse – Sono sicuro che tutto questo male non é colpa vostra, o almeno non é solo colpa vostra – ripeté, calcando la voce su “solo” - e quando vorrete, sarò pronto a spiegarvelo.»

«Bene! Lo farete presto. – rispose il capo dei pirati, cancellando ogni traccia di sorriso. Poi, voltandosi verso i suoi, abbaiò con voce tonante alcuni ordini – Dieci di voi su questa nave a controllare l'equipaggio. Gli altri tornino sulla Terrible. Ci portiamo via il bottino tutto intero e facciamo vela verso la Tortuga!»....

Fine anteprima. Torna al post.

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